Cos’è il biochar?

Il biochar è carbone vegetale prodotto a seguito di processi di pirolisi e gassificazione a carico di prodotti/residui di origine vegetale provenienti dall’agricoltura e dalla selvicoltura (ramaglie, sanse di oliva, vinacce, cruscami, noccioli, gusci di frutta, ecc.).

Questo prodotto, in qualità di ammendante, rappresenta una valida soluzione per un’agricoltura sostenibile e per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Infatti, sempre più numerose sono le evidenze che dimostrano le potenzialità del biochar per una gestione intelligente delle biomasse a beneficio dell’ambiente, dell’agricoltura e della collettività.

In particolare i benefici del biochar sono i seguenti:

  1. valorizzazione e recupero di prodotti/residui agricoli;
  2. recupero e miglioramento di suoli poveri (riduzione dell’acidità, aumento della capacità di scambio cationico, miglioramento della ritenzione di nutrienti e di acqua, ecc.);
  3. riduzione dei processi di lisciviazione;
  4. aumento delle rese produttive agricole con riduzione dei fabbisogni di acqua ed elementi nutritivi (concimi);
  5. incremento della carica microbica del suolo e sostegno nella fissazione dell’azoto;
  6. mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso lo stoccaggio in forma stabile e a lungo termine del carbonio nel suolo.


Ad oggi il reale utilizzo del biochar su scala nazionale è ancora in fase di regolamentazione a causa delle scarse conoscenze circa le sue caratteristiche chimico-fisiche, le interazioni con il suolo, con la comunità microbica e le piante ed i possibili effetti tossici potenzialmente associati a questo composto.

Il biochar: una matrice C-negativa

L’UNFCCC ha accolto l’inserimento del biochar nella sezione "Enhanced Action on Mitigation" (giugno 2009, Bonn, Germania) come nuova tecnologia per la mitigazione climatica. Il processo di produzione del biochar, infatti, prevede la trasformazione e la riconversione dei sottoprodotti/residui agricoli e forestali evitando la loro combustione (che produce grosse quantità di CO2) o il loro abbandono in superficie. Inoltre, la produzione di energia dalla trasformazione della biomassa e l'interramento del biochar prodotto consente di ottenere un bilancio negativo del carbonio immesso in atmosfera.

La pirolisi

La pirolisi (o piroscissione) è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici, ottenuto mediante l’applicazione di calore (tra i 400 e gli 800 °C) e in assenza di  ossigeno. In pratica, se si riscalda il materiale in presenza di ossigeno avviene una combustione che genera calore e produce composti gassosi ossidati (es. CO2, CO, N2O, ecc.). Effettuando invece lo stesso riscaldamento in condizioni anaerobiche (totale assenza di ossigeno), il materiale subisce la scissione dei legami chimici originari con formazione di molecole più semplici. I gassificatori sfruttano una pirolisi ad elevata temperatura (circa 1000 °C) per convertire direttamente i materiali organici in gas (syngas). A differenza dei pirolizzatori, i quali attuano la pirolisi in senso stretto, ovvero in totale assenza di ossigeno, i gassificatori operano invece in presenza di piccole quantità di tale elemento producendo anche un’ossidazione parziale; in relazione al tipo di processo utilizzato, i gassificatori possono considerarsi come una tecnologia intermedia tra l'incenerimento e la pirolisi propriamente detta.